Vipassana, Shikantaza e Meditazione delle origini?

UID5677D882E9804_image_1L’etichettatura, qui sta una delle differenze maggiori tra un tipo di vipassana (non tutta la vipassana etichetta) e la shikantaza. Anche se nella shikantaza una “etichettatura” c’è sempre, perché comunque riconosciamo i fenomeni e i processi cui viviamo e assistiamo.
La vipassana che conosciamo oggi è un prodotto recente del primo Novecento. La shikantaza è ascrivibile al tredicesimo secolo. Credo che quando troviamo le parti in comune tra le due meditazioni, e nello specifico la vipassana con consapevolezza non riflessiva (vedi Sangha della Foresta), siamo vicini molto vicini alla meditazione praticata dal Buddha storico.
E la shikantaza e la vipassana su consapevolezza non riflessiva sono pressoché identiche.
E confrontate sia con l’anapanasati sutta ma soprattutto col mahasatipatthana sutta, troviamo forse altre conferme su una “meditazione delle origini”. E direi di confrontarle anche con “il piccolo discorso sulla vacuità” presente nel canone, dove sono esposte un po’ cripticamente samatha e vipassana.
 
 
La cosa che le accomuna, il tratto distintivo? la libertà di sperimentazione del meditante. Queste due forme di meditazione forse conducono alla libertà dal dukkha proprio perché danno al meditante una struttura fluida in cui sperimentare la propria strada liberamente.

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